domenica 11 luglio 2010

"I racconti della Kolyma", Varlam Šalamov- Così bello da essere difficile da commentare...


....pero' grazie ad una mancata introduzione a questo libro (edizione Einaudi e non Adelphi) "Ricordare, raccontare. Conversazioni su Salamov" forse ci riesco:)


Si parla di lager, quelli Russi attivi nei primi anni del '900. Salamov scrive piu' volte sulla Kolima, tant'è vero che non e' un libro unico ma sono 4, composti di tanti mini racconti che focalizzano e ogni tanto riprendono quelli precedentemente già raccontati. In effetti Salamov non scrive per il lettore ma scrive per se stesso, citando Herling "La scrittura è una specie di terapia.[...] Quello che è accaduto non può essere cancellato, quindi bisogna riviverlo giorno per giorno affidandolo alla pagina scritta".

Ci sono una marea di pensieri che popolano queste pagine, che descriverli tutti sarebbe lungo e forse inutile perché estromessi dal contesto in cui sono scritti forse perderebbero di potenza ma un paio ve li cito raccontandoveli:


sulla forza dell'uomo: l'uomo e' forte e riesce a sopravvivere a questi posti perché in questa forma estrema di prigionia annulla tutti sensi non necessari per concentrare le proprie forze sul senso che ne ha maggior bisogno (il contrasto della fatica e del dolore) e in un altro racconto riprende questo tema dicendo che alcuni, nella propria alienazione "cancellano anche le parole"...


sul futuro della cultura: ricordandosi di libri letti in passato, in un altro passo, dice che fino ad allora c'erano due tipi scrittori e scritti ( e una parte li vede direttamente fa i suoi compagni che condividono con lui l'articolo 58) ci sono gli scrittori semplici che parlano di frivolezze e non hanno attinenza con il peso del presente (ma hanno dalla loro il dono della potenza del linguaggio) e gli specialisti che invece lo analizzano ma non hanno la poesia insita nella "alta scrittura" esprimendosi in terminologie troppo tecniche e il futuro volgerà a favore di un nuovo tipo di scrittura quella degli scrittori specialisti che avranno dalla loro il potere dell'analisi specialistica e la potenza del linguaggio in forma d'arte; se si pensa allo scalpore e successo di tanti scritti di oggi, si deve ammettere che ha avuto ragione.


Non e' un libro che vi terra' svegli con gli incubi, non e' un libro accusa, troverete pochi colpevoli, e tanti sguardi di disperazione e di fame, ma anche una serie di mani, parole e disponibilità che si oppongono alla cattiveria diffusa, a testimonianza, che anche in un mondo così al limite può esistere la compassione e l'aiuto.

Questo libro e' grande perché, alla fine, Salamov riesce a perdonare i suoi aguzzini non c'e' una frase che termini con "vi perdono", ma e' insita in molti passaggi dell'ultimo libro.

Il perdono e' la forma più alta di ribellione,perché egli diceva spesso che hanno imprigionato il suo corpo ma non la sua indipendenza e la sua anima. Con il perdono salamoviano il potere perde l'ennesima volta contro l'uomo e la sua anima, dopo il sopruso che lo doveva riconvertire e ammansire, ottenendo un perdono che si da a chi ha sbagliato.


E per finire affido ad Herling un pensiero che condivido:

" Non si può trovare uno scrittore che descriva, come sa fare lui, tutti questi orrori, uno scrittore che usi la materia dei lager e riesca a farne un'opera d'arte."


Non si può non leggerlo e non amarlo.

Simona

I racconti della Kolyma.
Varlam Salamov
Adelphi, ed. 1999
collana Gli Adelphi
prezzo : 15,00€


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