martedì 23 maggio 2017

#MaggioDeiLibri #Recensioni : "L'occupazione", Alessandro Sesto - Un'occupazione curiosa...



Fonte: Mondi fantastici


"Penso quindi sono". Il problema della nostra era contemporanea è spesso che "penso" è scambiato con "scrivo". Non siamo in funzione di quello che ci viene in mente, anche estemporaneamente, ma siamo in funzione di ciò che scriviamo o fotografiamo e poi mettiamo sui social. "Sto vedendo Guerre stellari!", "Sto leggendo Il giovane Holden...", "Stamattina mi sono alzata così !❤ " seguita da foto cult sul letto con calzini -che manco per andare in palestra metteremmo!-, tazza di caffè che non si sa come si tiene ferma su lenzuola candide, libro e, vai a capire il motivo assurdo del concepire una cosa del genere soprattutto se ti dichiari lettore, accanto il segnalibro! Milioni di persone tutte diverse impegnate tutte a trovare il loro stereotipo pur di poter appartenere a qualcosa.
Ora, oggettivamente, se domani ci invadessero, non ce ne accorgeremmo per due motivi: noi e costante "sforzo sociale". Ci sarebbero i complottisti a dirci "È tutto un complotto dei poteri forti!!", quelli che strage o non strage fanno diventare la loro foto come grandi arcobaleni, dispendi di frasi di circostanza "RIP", "Mai più!", "Che la terra ti sia lieve", "Anche io sono "stato/persona/persone/personalità/vip (del caso)", e ancora quelli che ci fanno satira sopra e quelli che ce l'hanno con coloro che fanno satira. In più i giornali cercherebbero l'HashTag più letto e se, l'occupazione, non è al top "chissene!" meglio mettere i gattini che fanno sempre tendenza. Ecco, sono fermamente convinta che, in un mondo in cui la polemica alza l'audience, l'occupazione, un qualcosa che ci mette tutti dalla stessa parte delle vittime, non sarebbe proprio la nostra prima preoccupazione.

La storia di cui parlo oggi sembra partire da una considerazione simile alla mia, e anche da una serie di assunti classici della distopia su cui si sono provati in passato con storie del tutto diverse fra loro Philip Dick o Orwell o Orson Wells. 
L'America, si dice, sia stata invasa dall'Europa. Si dice perché non si sa perfettamente. Un tempo l'invasione, o occupazione che dir si voglia, era caratterizzata da situazioni tangibili: c'erano gli invasori fisicamente conquistavano il terreno conteso, spari e tumulti, gente che veniva riunita per esser meglio controllata e via dicendo. Nell'era di internet, quella dietro l'angolo, questo non avrebbe luogo, tutto si svolgerebbe in un giro di bit che ad esempio guidano un drone, e, per quanto possa sembrare assurdo, basterebbe far crollare la borsa di un paese per farlo risvegliare senza risorse. 
Quindi, "L'Occupazione" di questa storia, ha difficoltà ad essere confermata proprio perché non è evidente e, quindi, i protagonisti si ritrovano a cercare notizie in rete e sui giornali; conferme e smentite si susseguono fino al punto di creare anche diatribe all'interno delle stesse redazioni e di veder uscire giornali che si contraddicono fra loro, anche se appartenenti alla stessa testata. In questa mondo seguiamo le vicende di Andreas e Jacob. Andreas ha una vita come tante, una fidanzata come tante, guarda serie come tante e lavora come tanti. Jacob ha un cane, lavora per una ditta che abbandonerà, è in cura da uno psicologo al di fuori dello standard e in comune con Andreas ha una cosa sola: entrambi sono degli informatici. L'occupazione, "occupa" lo spazio di un attimo nelle loro vite. Vite che poi, in attesa di conferme, riprenderebbero da dove si sono interrotte l'ultima notte da "nazione libera", ammesso che non lo sia ancora, se non fosse che la compagna di Andreas sia sparita lasciando un asettico messaggio e Jacob si ritrovi in una nuova azienda più impegnata a far festa che a fare fatturato e che continui ad essere perseguitato da uno stalker, dal nick Tokyo, che continua a scrivergli cose assurde mentre sta giocando a Go - un gioco giapponese online-. 

Sembra un gran caos vero? In effetti il "gran caos" finisce esattamente alla terza pagina. Dopo, tutto sembra diventare normale nella sua assurdità. È un libro delilliano questo, in molte delle sue parti, per la sua prosa diretta e realistica ma anche per la rinuncia alla ricerca ossessiva di verità. La storia non deve avere un fine, il memento è l'attimo stesso di cui si racconta. Fa l'occhiolino a Wallace per la sua rinuncia alla "metafora che deve asservire la ricerca di un significante"; si serve di frammenti delle nostre vite riassemblandoli in un grande mosaico che ne amplifica le caratteristiche peculiari nei loro aspetti più irrazionali. Non serve che si riconosca il singolo frammento, ma che, dall'unicum che ne esce, si sia in grado di dare il giusto valore, significato ed emozione alle cose che realmente sono importanti. Il significante non va più cercato come dice Eco, è lì, nella trama e nella storia presa così come è scritta. 
È paradossale perché nessuno verrà mai ad occupare a nome dell'Europa, l'America senza che non ci sia almeno uno che dica "No, non ci sto!" e rimane vero in ogni sua parte che descrive l'apatia con la quale la vita e gli eventi ci scorrono vicino senza che noi abbiamo la benché minima voglia di prendervi parte. È limato sull'esigenza di esserci, ma avulso dalla vita di una qualsiasi persona che potremmo conoscere, tanto da rendercelo "strano", e perrottiano nella sua curiosità di seguire le scelte, per noi a volte assurde, di Andreas e Jacob e le loro conseguenze che non seguono mai percorsi prefissati. Per dirla in poche parole: questo lavoro riassume la curiosità di Sesto. E' una forma di indagine strana che sembra portarlo a guardare alle manie attraverso quelle dei personaggi che crea.

E così con lo scorrere delle pagine saltano fuori la nostra affezione per le storie infinite e che continuano a riavvolgersi su se stesse che noi amiamo vedere in tv, la nostra necessità di non avere risposte ma di essere ascoltati, il nostro necessario senso di appartenenza a qualcosa, che non è detto che ci appartenga, ma ci permette però di fare gruppo. Emerge l'uomo contemporaneo, impegnato a guardare il dito e non la luna che sta indicando, che perde il senso della visione d'insieme a favore di un senso di inadeguatezza nell'attimo che gli scorre davanti e nelle piccole cose che lo circondano. Una persona che si accorge che la stessa storia gli viene rifilata in più stagioni solo cambiandone i protagonisti, o che vive l'appartenenza ad un credo, anche se dichiaratamente nuovo e libertario, che invece diventa identico ai precedenti non nel suo essere una religione, ma per la rinuncia degli adepti a pensare con la propria testa. E la rinuncia a pensare, ad essere, pervade la nostra quotidianità e in parte questa storia. Andreas non ha più Nora, non sa dove sia andata a finire, la cerca. Rinuncia a se stesso, al pensiero, in favore di un mondo che non gli appartiene, anche se continua ad avere il dubbio che lei non lo abbia lasciato ma che sia stata costretta a farlo. Non coglie nuove opportunità e nemmeno percorre vecchie strade. Rimane lì a cercare senza convinzione, estraneo ad un mondo che vede scorrere come una serie TV. Stessa cosa dicasi per Jonas, che cerca Tokyo e anche qualcun altro (ma questo lo dovete scoprire da soli!). Cerca, ma non sa cosa e non sa perfettamente se la vuole trovare.

Questo avviene proprio perché non è la verità finale che ci libererà tutti, ma è il viaggio. Un viaggio che parte da un'occupazione che non c'è, da una persona che non c'è più o che non è reale e che finisce in un momento imprecisato. Un'apice che non ha bisogno di una discesa. Un viaggio attraverso un mondo irreale, popolato di personaggi assurdi e dall'assurdo significato che si da alle cose o alle persone, nonché agli avvenimenti. Un viaggio molto simile a quello che fa ognuno di noi, in contesti decisamente più normali ai nostri occhi, ma che diverge poco da quello di Sesto. Imparando a guardare le nostra realtà da altre angolazioni, con altre parole, ne esce un uomo in parte sconfitto dal peso di una mancanza di verità certa, quella dei giornali, delle presenze e delle risposte. Le certezze sono quelle che pensiamo essere i cardini della nostra vita che, paradossalmente, non ha nulla di certo.
Emerge anche l'ingenuità che riusciamo a mantenere, molto spesso nascosta anche a noi stessi, che ci spinge ad andare oltre quella che è la nostra comfort-zone e che ci porta a scoprire e a soppesare ciò che è diverso da noi. Non è detto che accettiamo di sposarlo, ma entrare in contatto con la diversità è il più puro atto di curiosità che si avvicina pericolosamente a quella di un bambino. La curiosità è qualcosa che ci rende liberi, di provare, sentire e prendere in considerazione. Forse l'ultimo atto di libertà che ci rimane da esercitare. Possiamo lasciare oppure tenere ciò che per curiosità abbiamo visto, sentito o provato. Ma da lì, entrano in gioco fattori diversi, i filtri dell'età adulta, le esperienze e via dicendo e torniamo nel nostro personale stato di Occupazione. Perché alla fin fine "L'occupazione" di Sesto non è altro che quella che noi costruiamo giorno per giorno riempiendoci di filtri e di limiti che pensiamo che con l'età ci debbano appartenere.

La curiosità che muove questo libro è anche quella del suo autore. Sembra un po' un insieme di tutte le curiose esperienze e letture, diversissime fra loro, che Sesto ha fatto. Il suo peregrinare fra una storia e l'altra -che sia in TV, in un libro o un documentario-, si fondono alla perfezione creando situazioni satelliti e cosmologie del tutto particolari, talvolta decisamente verosimili e divertenti- legate fra loro dalle avventure dei due protagonisti, lasciandoci interdetti e sicuramente divertiti. In tutto questo e contando che Sesto finora si era sempre dilettato in racconti, pensare che sia uscito con un intero romanzo di 300 pagine può sicuramente fare un certo effetto. E invece no, è il Sesto di sempre scorrevole, divertente e anche molto divertito, che con la nonchalance che lo contraddistingue, con fare "curioso" segue le avventure dei protagonisti che ha creato senza interferire, ma lasciandosi trascinare. Riesce a portare con se i suoi lettori senza annoiarli con dichiarati inutili particolari ma riuscendo ad evidenziare la necessità di ognuno di loro.
È stata un'avventura decisamente interessante cui, mi auguro, seguiranno molte altre, con molti altri e diversi riferimenti, che polverizzeranno alla prima riga l'immagine che, finora, mi sono fatta di questo autore e che, come questa volta, svela sempre qualcosa di nuovo e inaspettato. Chi non lo legge, probabilmente verrà occupato per ricordargli l'importanza di leggere "L'occupazione". Io ve l'ho detto, poi non vi lamentate!
Buone letture,
Simona Scravaglieri

L'occupazione
Alessandro Sesto
Gorilla Sapiens Edizioni, ed 2017
Collana "Scarto"
Prezzo 17,00€




E ora il calendario di questa settimana:






fonte: LettureSconclusionate

2 commenti:

  1. Sottoscrivo gran parte delle tue considerazioni iniziali. Le tazze di caffè accompagnate dai cornetti di vario tipo, confetture e biscotti dalle forme più assurde sono le robe più esilaranti prodotte dall'era social.
    Il genere distopico non è il mio preferito, quindi corro il rischio d'esser occupata...
    Come promesso, a Torino ho messo in valigia un libro per te.

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    Risposte
    1. Grazie!!!!!! Per Sesto io non sarei così restia, perché regala un sacco di soddisfazioni... :D

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