Fonte: Bestbooking |
Potrei dimostrare, non come gli uomini pensano nei miti, ma come i miti operano nelle menti degli uomini senza che loro siano informati di questo fatto.
Claude Lévi-Strauss
Fonte: Bestbooking |
Fonte: DEAbyDAY |
Fonte: LettureSconclusionate |
Fonte: Utet Libri |
Provate a guardare in faccia le persone che incontrate in una mattina qualunque, per strada, al bar o alla fermata dell’autobus. Osserverete per lo più visi preoccupati, lineamenti tesi, sopracciglia aggrottate. Aguzzando l’udito, dalle bocche accostate ai cellulari sentirete uscire frasi come «è un momentaccio», «va sempre peggio», «non si sa più dove sbattere la testa». Poi, a sorpresa, nel fiume di volti cupi e chiusi, noterete l’eccezione: uno sguardo sereno, magari accompagnato da qualcosa di simile a un sorriso. Vi chiederete a chi appartenga quel volto rilassato. Bene, le possibilità sono solo due: o è un saggio buddhista o uno studioso di storia. Non che gli storici non abbiano i loro grattacapi, per carità. Se non altro perché di solito lavorano nella scuola o nell’università, che, soprattutto in Italia, sono vere e proprie fabbriche di seccature, frustrazioni e delusioni. Ma la continua e approfondita frequentazione delle vicende dei secoli passati e lo studio delle condizioni di vita dell’umanità in epoche lontane ha inoculato in loro, insieme a un certo scetticismo verso la capacità degli esseri umani di imparare dai propri errori, un vaccino contro il conformismo catastrofista, il più pericoloso virus diffuso dai mass-media.
Giornali, tivù e Rete, a colpi di titoli allarmistici, inchieste-shock e sondaggi sconsolanti, congiurano per farci pensare di vivere nel momento più insicuro, precario e disagiato nella Storia umana. Più che una congiura consapevole, è un effetto combinato della struttura del nostro cervello e della comunicazione attraverso l’immagine: come osserva lo psicologo Steven Pinker, «la mente umana tende a valutare la probabilità di un evento dalla facilità con cui può ricordarne degli esempi, ed è più facile che si imprimano a fuoco nella nostra mente scene di massacri piuttosto che di persone che muoiono di vecchiaia. Non importa quanto la percentuale di morti violente [e di grandi sfighe in generale, N.d.A.] possa essere bassa: in termini assoluti ce ne saranno sempre abbastanza da riempire i telegiornali, con il risultato che le impressioni della gente sulla violenza non hanno alcun rapporto con le sue proporzioni reali». Nello specchio deformato e deformante dell’informazione-spettacolo, il cui flusso ci avvolge da quando ci alziamo a quando crolliamo addormentati sul divano davanti all’ultimo tiggì, il presente diventa un girone infernale in cui il destino ci ha precipitati senza possibilità di salvezza, e con l’unica colpa di essere nati nel momento sbagliato. Mai l’uomo è stato così cattivo, egoista e crudele, mai la donna così oppressa e maltrattata, mai i giovani così conculcati e sacrificati in nome degli interessi dei vecchi, mai i bambini così esposti alle turpitudini di un esercito di babau. Ah, come si viveva meglio nei sereni anni cinquanta, poveri ma belli, per non parlare dei mitici sessanta in cui essere realisti era volere l’impossibile! E anche i settanta e gli ottanta non erano poi male, via: un po’ di terrorismo e stragi di mafia, d’accordo, ma i nostri figli erano più al sicuro perché non c’era Internet e quindi nemmeno i pedofili, categoria nata per generazione spontanea dal web. E una volta cresciuti, anziché ringraziarci di averli salvati dai pedofili, i figli ci rimproverano di aver loro rubato la speranza, che purtroppo, almeno per ora, non è un’app da scaricare sul tablet o sullo smartphone. Nel frattempo aumentano esponenzialmente le vendite di ansiolitici e antidepressivi per fronteggiare uno scoraggiamento che sconfina nell’abulia, i naturopati preparano a getto continuo tisane e miscele di fiori di Bach per pazienti inquieti e disorientati, i corsi serali di yoga si affollano di anime in pena convinte di poter ritrovare la serenità attraverso la meditazione – e in effetti spesso è così, perché alla terza inspirazione-espirazione stanno già russando della grossa.
Gli storici non hanno bisogno di tutto questo. Il loro mestiere – indagare il passato, interpretarlo, scavarlo alla ricerca delle radici del presente – è già un’efficace autoterapia non farmacologica contro le angosce della contemporaneità. Ai loro occhi l’attualità non è un film dell’orrore di cui non si conosce il finale, come per gli altri, ma l’ultimo capitolo di un’epopea fatta di tragedie e di momenti esaltanti. E quello che stiamo vivendo, a dispetto delle apparenze, è, complessivamente, uno dei momenti più entusiasmanti. Chi conosce la storia può essere ottimista o pessimista rispetto agli eventi umani, ma non soffre di ansia o panico perché sa che ogni crisi, anche la peggiore, è superabile, tant’è vero che, dopo millenni di guerre, catastrofi e tumulti, l’uomo è tuttora presente sulla faccia della Terra, in oltre sette miliardi di esemplari e con una speranza di vita media mai così lunga. Gli scaffali di “self-help” delle librerie fioriscono di manuali che insegnano a curare corpo e mente con l’arte, con la musica e con la letteratura. E se la musa più in grado di aiutarci ad affrontare serenamente l’attualità fosse Clio? Si può fare della “storioterapia”, il segreto del benessere meglio custodito dalle facoltà di Lettere, uno strumento di salute accessibile a tutti?
Fonte: Allalbadidomani |
Fonte: LettureSconclusionate |
Fonte: Pinterest |
Capitolo 1
Benvenuti nella splendida famiglia Sinclair. Qui non ci sono criminali. Non ci sono drogati. Non ci sono falliti. I Sinclair sono atletici, alti e belli. Siamo una facoltosa famiglia di stirpe democratica. Abbiamo sorrisi smaglianti, menti squadrati e un temibile servizio a tennis. Non importa se i divorzi straziano i muscoli dei nostri cuori. Non importa se il fondo fiduciario si sta esaurendo e le fatture inevase si accumulano sul ripiano della cucina. Non importa se i flaconi di pillole affollano il comodino. Non importa se uno di noi è perdutamente, disperatamente innamorato. Un amore così estremo da richiedere un rimedio altrettanto estremo. Siamo Sinclair. Nessuno è spiantato. Nessuno commette mai errori. Passiamo l’estate su un’isola privata al largo delle coste del Massachusetts. E forse non vi serve sapere altro.
Capitolo 2
Il mio nome per esteso è Cadence Sinclair Eastman. Vivo a Burlington, nel Vermont, con mia madre e tre cani. Ho quasi diciotto anni. I miei averi si limitano a una tessera della biblioteca piuttosto usurata e poco altro, anche se è vero che abito in una grande casa piena di oggetti inutili e costosi. Una volta ero bionda, ma adesso i miei capelli sono neri. Una volta scoppiavo di salute, adesso invece non sto bene. Una volta ero carina, adesso invece ho un’aria malata. È vero che soffro di emicranie dall’incidente. È vero che non posso soffrire gli idioti. Mi piacciono le sfumature di significato. Chiaro? Soffrire di emicranie. Non soffrire gli idioti. La stessa parola ha quasi il medesimo significato nelle due frasi, eppure non completamente. Soffrire. In un certo senso esprime un’idea di resistenza, anche se in modo improprio. La mia storia ha inizio prima dell’incidente.
Fonte:WindoWeb Dizionario di mitologia |
Eric-Emmanuel Schmitt Fonte: Alexandroslife |
Fonte LettureSconclusionate |
Fonte: Pinterest |
Esilio
Salvatore Salvati stava infilandosi la camicia, quando a sua moglie Agata cominciarono le doglie. Erano sposati da meno di un anno e lei a Petralia non aveva nessun parente.Salvatore prese il cappello e corse a chiamare Maria Macrì, la mammana.La vecchia levatrice aveva visto e fatto nascere almeno tre generazioni di petralesi.In quei minuti che precedono l'alba, quelli in cui i contadini principiano la loro giornata, lei ancora dormiva. Sentì la voce dell'uomo solo dopo una decina di minuti e si affacciò dal balconcino della sua casa. Quando si sporse, Salvatore notò la lunga, pesante e grinzosa camicia da notte che la mammana aveva addosso.La vecchia lo fissò e poi chiese: "Don Turi, che successe?""Me' mugghieri" rispose Salvatore. "Penso che voglia sgravare.""Da quanto?"."N'orata, credo.""Ogni quanto sente i duluri"."Chi ne sacciu, donna Maria, Primo figghio è, nemmeno saccio chi cosa haju a spiarle.""Aspettatimi ca vengu" rispose sconsolata la vecchia alla quale evidentemente le ore di sonno non erano bastate.Il bambino nacque alle due dopo mezzogiorno, il ventotto ottobre del 1922, una giornata speciale, il giorno della marcia su Roma, quello in cui un gruppo eterogeneo di uomini provenienti da ogni parte d'Italia marciò sulla capitale, laggiù nel continente.Ma a Petralia Sottana, un paese di pietre incollate alla pietra, quel nuovo giorno iniziava come tutti gli altri, gli uomini si lavavano utilizzando i loro bacilli, alcuni nuovi, altri sbrecciati, alcuni di ottone, altri di pesante ghisa smalta e le donne preparavano per loro il pasto da portare al lavoro nei campi.A casa di Salvatore, un uomo bassino e tarchiato, con i capelli folti e neri e le mani dure come zappe, era nato nel 1895 e aveva fatto in tempo a vedere la Grande guerra dal fondo di una buca in mezzo alle montagne del nord.
Fonte: Antiwarsongs |
Fonte: LettureSconclusionate |
Fone: Pinterest |
Place d'Arezzo Fonte: Panoramio |
PARTE PRIMA
L'annunciazione
Preludio
Chiunque arrivasse a place d'Arezzo provava una sensazione strana. Sebbene il giardinetto rotondo in cui si sviluppava una vegetazione nordica fatta di prato, rododendri e platani fosse contornato da opulente case di pietra e mattoni stile Versailles, i sensi venivano solleticati da un che di tropicale. Eppure non c'era niente di esotico in quelle facciate equilibrate, in quelle alte finestre a piccoli riquadri, in quei balconi torturati dal ferro battuto o nelle mansarde che venivano affittate a peso d'oro. E nemmeno c'era qualcosa di esotico in quel cielo spesso grigio e triste in cui le nuvole sfioravano i tetti d'ardesia.
Non bastava girare la testa per cogliere quel che succedeva. Bisognava prima sapere cosa guardare.
I primi a indovinare erano quelli che portavano a spasso il cane. Andando dietro ai segugi che, con il naso incollato al suolo, percorrevano freneticamente il terreno, notavano che il prato era cosparso di rifiuti organici, corte deiezioni scure con un'aureola di marciume bianco; allora risalivano con lo sguardo lungo i tronchi e vedevano le insolite costruzioni naturali che oscuravano i rami; poi un'ala colorata si agitava, un chicchiolio perforava il fogliame, alcuni stridii accompagnavano il volo multicolore dei volatili e i passanti capivano che place d'Arezzo nascondeva una folla di pappagalli e cocorite.
Come facevano animali del genere, provenienti da orizzonti lontani, di origine indiana, amazzonica o africana, a vivere a Bruxelles liberi e in buona salute malgrado il clima tetro? E perché nel cuore del quartiere più chic?
Fonte: Dilettieriletti e LettureSconclusionate |
Fonte: Dilettieriletti e LettureSconclusionate |
Tutta quella gente veniva trasportata in maniera sistematica, come se nulla fosse, da tutti quei vagoni! Tutte quelle persone avevano un posto dove andare o dove fare ritorno.Ci sono delle regole ovviamente e le riporto "incollandole" dal sito dell'altra organizzatrice di #nonsonosole, ovvero Diletti e Riletti , perchè sono immensamente pigra, lo ammetto!
Fonte: Piazza RmB |